Buon Natale col Kalashnikov. Armi vere. Armi giocattolo

Dalla realtà alla finzione e viceversa, ecco il ciclo no stop dell’educazione alla violenza

Il 23 dicembre, nell’edizione delle 20.30, il TG2 ha mandato in onda un servizio dedicato
al signor Kalashnikov (appena morto) che nel 1947 inventava in Russia l’AK-47, il fucile automatico più diffuso al mondo. Ovunque possiamo leggere le ragioni del suo successo planetario: “poteva sparare un colpo singolo oppure, spostando un selettore, come una mitragliatrice, era compatto, adattabile alla produzione su larga scala, semplice da fabbricare, facile da pulire e mantenere”. Ovviamente non serviva per fare il tiro al piattello. Da allora “è diventato l’arma preferita di guerriglieri, terroristi, adottato
da circa 80 eserciti, immortalato tra le mani di Bin Laden nei filmati di Al Qaeda”.
È simpatico sentirselo ricordare alla vigilia di Natale… ma in effetti, inutile nasconderlo,
è un giorno come un altro e non c’è ragione di cambiare registro, di mostrare l’altra faccia dell’umanità. Il messaggio deve arrivare univoco, reiterato. Infatti viene ripetuto ovunque
e in ogni circostanza, nei libri di testo, in tv, nei film tutta violenza, nei negozi di giocattoli dove, prima di riuscire a scovarne uno intelligente (che non risponda a una logica manipolatoria) o semplicemente divertente, ti devi rigirare fra guerre stellari e medievali, catapulte, carri armati e lancia missili, spade, pistole, bombe a mano, cannoni, mostri intergalattici i cui arti terminano con annientatori fotonici.  Già assemblati o da assemblare. In fondo, basta poco: separi l’oggetto dalla sua funzione, lo isoli nel suo design, ne celebri la tecnologia e il gioco è fatto.
A scuola di morte: frequenza obbligatoria, nessun limite d’età.

 

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