3 in disegno? La scoperta di AR

“Vai in corridoio a farti una sigaretta, va’, che è meglio. Ah, e scriviti 3 sul registro mentre esci”. L’insegnante di disegno, girando fra i banchi, aveva appena intravisto l’ennesimo sgorbio di AR. Non c’era niente da fare: era negata, inutile insistere, farsi delle illusioni. Entrambe, insegnante e allieva, avevano sviluppato l’una verso l’altra una rassegnazione priva di risentimento, una rispettosa e reciproca comprensione. Non era colpa di nessuno se AR non sapeva tenere la matita in mano, se i segni che uscivano da quella punta erano maledettamente sgraziati, maldestri al punto tale da non assomigliare neppure ai soliti tratti infantili. Davano l’impressione di essere il tramite di un’impotenza palpabile. Impossibile addomesticare tanta insulsa inettitudine. L’invito a lasciare l’aula e a fumarsi una sigaretta non doveva quindi essere male interpretato, era soltanto la benevola manifestazione di una resa incondizionata. Per certe cose ci si nasce, e Annarita Proli, alla lettera P del registro di classe, per il disegno non c’era proprio portata. Tanto valeva lasciarla in pace e dedicare le proprie energie alle allieve e agli allievi più promettenti.
Adesso vi prego di guardare questi quadri. Sono firmati AR.

Un bel giorno, dopo gli Anta, Annarita ha comprato cavalletto, tele, colori a olio, pennelli e solventi e ha sistemato l’armamentario nell’angolo della casa che da quel momento è diventato il suo atelier. Non ha preso lezioni, ha cominciato e basta.

Abbiamo voluto inserire la sua storia nella categoria “L’arte ribelle” non perché il suo stile pittorico o i suoi soggetti contengano alcunché di sovversivo ma perché l’atto stesso del dipingere, nel suo caso, contiene una ribellione: dall’avere sempre creduto di non esserne capace. Una bella scoperta, per lei e per noi.
Nessun rimprovero implicito per la vecchia insegnante. Sono fasi della vita e ci fanno ben sperare.
Buon lavoro, AR. Ci piace immaginarti davanti alla tela, a prenderti un mucchio di coraggiose libertà.

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