Alle autorevoli recensioni che circolano in questi giorni a proposito del film di Maria Sole Tognazzi, desidero aggiungere un’osservazione centrale. Le due conviventi, se si esclude la cerchia parentale e lavorativa, sembrano vivere isolate dal mondo, fatta eccezione per una serata al cinema in compagnia di due amiche. Anche in Italia, da anni, esistono gruppi, associazioni, movimenti che hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica il tema delle diversità e dei diritti civili, tanto per volare basso. Esistono poi altre posizioni più radicali. Senza particolari stravolgimenti, il film avrebbe potuto accennare al quadro sociale, mostrando per esempio uno stralcio di telegiornale sugli accesi dibattiti in corso. Pochi secondi per raccontare cosa si muove là fuori. Per la coppia e per il pubblico che assiste al film, infatti, il divano e la tv fungono da simboli ricorrenti di condivisibile e rassicurante quotidianità.
“Va bene sdoganare un tema così decisivo per il pubblico più ampio possibile, ma la commedia vince e appassiona quando forza la mano. Vive la différence insomma”, scrive Fabio Ferzetti sul Messaggero. Qui sotto riporto la sua breve, efficace recensione, che sottoscrivo in pieno.
A parte questo, Buy credibilissima nell’interpretare se stessa e Ferilli pure.
Io e lei. Un film che dovrebbe osare molto di più
Fabio Ferzetti Il Messaggero
Una vecchia coppia guarda una serie in tv mangiando un piatto di pasta sul divano. Segue conversazione con battute, frecciatine, blande effusioni, mentre il gatto di casa fa l’indifferente. Casa Vianello? No, Io e lei. Uno dei rarissimi film italiani che ha per protagoniste due donne conviventi, dunque affida a ogni scena e a ogni inquadratura, un solo messaggio: normalità.
Sissignori, due donne che si amano e vivono insieme sono, possono essere, proprio come tutte le altre coppie, ci mancherebbe. Solo che a forza di giocare in difesa il nuovo film di Maria Sole Tognazzi finisce per sposare il neoperbenismo incolore e indolore che permea il 90% delle commedie italiane di oggi.
Quadro invariabilmente borghese, uno spruzzo di dialetto in chiave comica (ci pensa il personaggio della Ferilli, ex-attrice di origini popolari e oggi imprenditrice del take away); problemi sempre molto “bassi” a stemperare il rischio dell’enfasi (la madre della Ferilli deve rifare il cesso, pardon, il bagno di casa). E ribadire il concetto centrale: normalità.
Così la riluttante Federica (Buy) è una borghese ossessionata dalla propria privacy, nonché ex moglie di un dentista felicemente risposato (Fantastichini) e madre di un ragazzo dolce e paziente (Diele). Mentre l’impetuosa Marina (Ferilli), che ha sempre amato solo le donne, è quella che porta i pantaloni (sì, è una metafora maschilista).
E non ha paura di nulla, come scoprirà Federica quando tra le due scoppia una crisi che potrebbe spingere il film a osare un po’ di più. Se l’irruzione dell’eros, o di una delle sue maschere, nel tran tran delle due amanti, non fosse troppo minaccioso per una commedia in cui tutto deve essere sempre e comunque buffo, gradevole, rassicurante.
Va bene sdoganare un tema così decisivo per il pubblico più ampio possibile, ma la commedia vince e appassiona quando forza la mano. Vive la différence insomma. Mentre ormai siamo tutti uguali. Anche troppo.