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Diamante nero. Ma il titolo originale è Bande des filles
Anche il titolo inglese “Girlhood”, adolescenza femminile, indebolisce alquanto il titolo originale, mentre Diamante Nero, escogitato dalla distribuzione italiana, è una vera furbata. Scopo: sviare il pubblico dall’unico e plateale (per restare in metafora cinematografica) significato del film, che prima di approdare nelle sale italiane ha già fatto il giro del mondo e non è certo sfuggito agli LGBTQ Film Festival. Per chi non conoscesse la sigla, essa indica quella variopinta accozzaglia che raduna lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, e che può essere allungata e/o allargata – tanto è elastica – con altre iniziali qualora nuove forme di vita volessero manifestarsi e accodarsi. Con il diamante, ci riportano nell’atmosfera della gioielleria, o della bigiotteria, se è falso. Del monile di lusso.
“Banda di ragazze” suona male. Sa di piccole teppiste. Sa di ragazzotte strafottenti. (altro…)
A cominciare dalle bambole: il Moloch sessista dei sacrifici rosa shocking
“Bambole viventi. Il ritorno del sessismo” è il titolo del libro inchiesta della giornalista
inglese Natasha Walter edito da Ghena (www.ghena.it) che presenterò insieme a Silvia Bartolini il 30 agosto alla Festa Provinciale dell’Unità di Bologna.
Nel 1995 la psicologa tedesca Ute Ehrhardt scriveva un libro che intitolava provocatoriamente “Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertutto”.
Adesso, con le Bratz, la versione commerciale delle bad girls, l’unica direzione
che le bambine possono imboccare sembra essere la strada.
Il discorso ci porterà lontano.
Barbie-foglia di fico per Women and gender studies
Nel 2010 la prestigiosa Virago Press di Londra, Publisher of books by women (www.virago.co.uk), pubblica “Living Dolls. The return of sexism” della giornalista Natasha Walter. Nel 2012 la neonata casa editrice Ghena di Roma (www.ghena.it) esordisce con l’edizione italiana “Bambole viventi. Il ritorno del sessismo”, mantenendo la stessa copertina dell’edizione inglese, firmata da John Swannell. Ghena spiega la sua linea editoriale:
Nati in Nord America fra gli anni 70 e 80, gli studi di genere si sono sviluppati all’interno di determinati filoni del pensiero femminista, interessati non solo alla condizione femminile e alla storia delle donne, ma anche alla costruzione sociale e culturale della società…
Per ciò che ci riguarda, le diversità tra i sessi… si proiettano in maniera chiara all’interno della scrittura, prodotta nel corso dei secoli in base a un modello costituito dalla cultura patriarcale maschile. Fino agli anni 80 la critica ha considerato il testo, anche quello di matrice più scopertamente autobiografica, come qualcosa che prescindeva dal gender. Negli ultimi trent’anni, però, le studiose femministe hanno cominciato a guardare alla scrittura come inscritta in – e connotata da – una specifica categoria sessuale, dando vita a quelli che propriamente chiamiamo Women and gender studies…
Pur non essendo di facile digestione, la copertina scelta da Virago Press e poi adottata da Ghena riassume, ma piuttosto denuncia, stratificazioni/agglomerati di stereotipi patriarcali sulla donna oggetto, a partire dalla subdola nonché smaccata manipolazione delle bambine, fra grandi magazzini e industria del sesso. La copertina, che potete vedere cliccando su Leggi tutto, è uno schiaffo morale. Si vorrebbe coprire quel corpo adolescente e metterlo in salvo prima che venga profanato, anche solo da uno sguardo indegno. (altro…)